🔴🟢 CAMPAGNA DA COMPAGNI, STRADA PER STRADA, SPIAGGIA PER SPIAGGIA

Nel bailamme francamente squalificante e squallido di ressa e rissa nella corsa a un posto in lista, ho preferito non proferir parola sino alla chiusura di questa pessima pagina. Questione di garbo e igiene del dibattito in luogo di fango, se volete (bontà vostra) di stile.

Adesso, a bocce ferme e cose fatte, qui a là male, mi sento di chiedere scusa da parte di tutte le forze politiche, non solo quelle della nostra coalizione, per lo spettacolo di basso bordo offerto. Se il 25 settembre alle 23 staremo a lamentarci di un’affluenza in flessione, fatemi un piacere: rideteci in faccia.

L’assalto alle liste a onor del vero non fu mai scena edificante, ma vi svelo un segreto: no, non è accaduto quanto successo per via della riduzione dei parlamentari. Succede sempre, sempre volgarmente, è un suk squallido in cui pochi sultani (i segretari di partito) decidono sul diritto di vita e di morte di sudditi, nani, ballerine e figuranti in cerca d’autore, non dell’anima perché spesso l’hanno irrimediabilmente persa, o scambiata con un seggio.

Ora che finalmente la buriana è passata, e la campagna elettorale inizia, ci tengo in questo mio che è comunque e sempre un invito al voto a svelarvi altri “segreti” però, perché vi riguardano.

No, non arriva il nazifascismo. L’antifascismo tira sempre tantissimo, diciamocelo, soprattutto tra noi a sinistra, ma agitare lo spettro di una Meloni-Mussolini, o Hitler, è roba improponibile di cui vergognarsi, di fronte agli elettori alle urne come di fronte agli eliminati nelle camere a gas, e sono 6 milioni. Questa roba ci fa perdere le elezioni, oltreché la faccia. Non si strumentalizza il nazifascismo, non si demonizza l’avversario. È un po’ fascista, e noi siamo compagni.

No, non è l’elezione decisiva, dirimente, finemondo, non è la più importante della storia repubblicana, la più cruciale dal 1948: ad oggi l’unica elezione davvero fondamentale, cruciale, è stata solo quella del ‘48. Punto. Non arriva il fascismo, non arriva il diluvio, rischia di arrivare un governo ultraconservatore, regressivo e controriformista che ha il proprio (il nostro) nadir nei 41 miliardi di flat tax che non solo saranno un favore ai ricchi che griderà vendetta con sacsosanta bava alla bocca, ma che verrà realizzata con tagli a tre settori nevralgici: strade, scuole, salute. Ma no, non finisce il mondo, al massimo fallisce l’Italia, ma prima che accada abbiamo presidi democratici che è ingiusto e ipermetrope non vedere, come la Corte Costituzionale voluta da Terracini, e la Presidenza della Repubblica retta da Mattarella. Noi non siamo Dio ma nemmeno Noè, rilassiamoci. E se dobbiamo sforzarci – e dobbiamo – facciamolo in proposta, non in protesta.

No, non si può fare campagna tutta all’insegna del “se no vince la destra!!1!” …se no vince la destra.

No, non si può dire come abbiam detto che la coalizione che abbiam siglato col PD è solo tecnica, per carità del cielo, noi non li vogliamo, non la vogliamo, loro non ci vogliono, nessuno di noi la vuole, la sconfessiamo e ci sputiamo, è un fatto di mera convenienza, un minuto dopo saremo divisi, è un errore ma lo facciamo, è una cacata pazzesca, non è nulla di virtuoso o vero, non temete che sia roba seria, non ci credete. Ecco, se non ci credono non ci votano. Comunicativamente è il peggior errore, parallelo al peggior errore politicamente: dire no a Giuseppe Conte. Responsabilità tutta di Letta. Il più grande errore della sua vita politica, peggio del fidarsi di Renzi in quel 2014, perchè allora non aveva scelta, oggi ha scelto di sbagliare e perdere.

Non credo possa esser gran mistero per chi mi segue: non vedo – ad esser buoni – di buon occhio questo errore, così come il contestuale allearsi a tutti i costi (pur negandolo in tutti i modi, come sopra) con il PD, che è un partito fatto di tante persone perbene, incluso Letta che resta un galantuomo nonostante tutto, ma che è un partito bianco balena di centro-élitario che è la big bad bank del popolo rosso, buco nero attorno a cui gravitano atomizzati e impotenti, per esserne puntualmente risucchiati e dover cambiar sigla, tutti i soggetti della sinistra diffusa.

In tal senso, io credo che l’intuizione di andare, come Sinistra Italiana, sulle schede col nostro simbolo, sia stata soluzione illuminata, così come lo sono le cose più naturali e semplici: spesso le più giuste.

Una seconda intuizione felice è stata quella di proporre uno schema rossoverde, proponendoci come lista delle due questioni ambientale e sociale che sono davvero, in tutta ineludibile evidenza, le grandi questioni da cui deriva il tema del tempo: la disuguaglianza. Sono come scritto meno convinto che per proporre un’alternativa non potessimo proporci in uno schema alternativo, che andasse dal MoVimento 5 Stelle a Unione Popolare (che gioia abbiate raccolto le firme! arricchite la dinamica democratica della competizione elettorale, grazie per il vostro sforzo, e buona campagna a voi) coi loro programmi – che peccato – così dannatamente simili al nostro. Ma sono uomo di partito, e se così l’assemblea nazionale (peccato non si sia trovato modo di far esprimere gli iscritti, tutti) ha determinato, a ciò m’attengo. Un uomo di partito fa così e basta, senza sé e senza ma, cuore in alto e pancia a terra. Io ho sempre fatto così, io farò sempre così.

Di par mio non posso che ringraziare, il mio partito, in cui sono entrato da appena 3 mesi e che mi aveva proposto come capolista in un collegio plurinominale. Con un risultato decente di lista, ciò avrebbe voluto dire mia elezione in Parlamento, per essere chiari. Il seggio che scattava in quel territorio sarebbe stato il mio. E badate bene, era un territorio dove ho fatto attività politica, oltreché culturale con i miei libri che ivi ho presentato, ma purtuttavia… non era il mio territorio. Non era la mia città o la mia regione. E sapete che c’è? Da appena entrato nel partito, pur con la mia storia e con le tante e tanti che mi accordano affetto e stima in questo Paese (servo vostro, sempre!) ho pensato che no, non sarebbe stato corretto nei confronti dei militanti del mio partito come degli abitanti di quel territorio. Una delle battaglie politiche della mia vita è stata per il rispetto degli elettori, della territorialità, contro ogni paracadute, privilegio, poltronismo. Non potevo tradirmi e tradirci tutti ora, anche se per un seggio parlamentare. Ho una faccia sola. E una sola parola.

Questo, io credo, è il passo di lato che si possa e debba fare, a fronte di un seggio possibilissimo cui rinuncio. E non, tanto per esser chiari, i passi indietro volgarissimi di chi gridava sguaiata e squallida di voler avere un “paracadute”, esplicitandolo senza alcuna vergogna, e lasciando passare il messaggio che a Fiumicino siano tutti fessi, se non fascistelli, indegni e inadatti ad ascoltare i “propri temi”, o peggio chi svergognato scrive sul web che rinuncia a un seggio a Bergamo provando fingitore a passare da eroe quando in realtà lo rifiuta perché in posizione ineleggibile, terzo o quarto e non certo capolista, o peggio ancora chi cambia partito, con tutta la famiglia, pur di far candidare le proprie chiappe a Potenza. E scusatemi, se suona antipolitico e volgare, ma antipolitico e volgarissimo è stato questo strazio osceno.

Non è tutta così la politica, non sono tutte uguali le persone. E se quelle sopra non meritano neanche menzione, a meritarla invece sono persone che han dato senso e dignità a questa sfida, anche la propria personale: penso a Emanuele Fiano e Filippo Sensi, da cui mi divide tanto ma che con grande dignità si son messi a disposizione in sfide quasi impossibili, o a galantuomini persino maggiori, non a caso naturalmente donne, come la mia cara amica e compagna Maria Cecilia Guerra, che avrebbe meritato di meglio di quel che ha avuto, ma è stata persino migliore di Emanuele e Filippo: non ha scritto nulla, non ha recriminato niente, zitta e buona ha apposto la sua firma e cominciato la sua corsa. Ce ne fossero, come lei. Che Dio, anzi il popolo, ce le conservi.

Insomma, ce n’è di tutte e di tutti, non siamo tutti uguali, per una Cirinnà c’è una Cecilia, per dei Gianni e Marcello ci saranno dei Emanuele e Filippo, per un Simone ci sarà sempre un David, e credetemi, farò più campagna, e con persino più cuore, che se fossi stato candidato e capolista.

E poi ci sono i programmi. Questo è il nostro, io credo sia davvero il preferibile e possiam esserne fieri: https://verdisinistra.it/programma

Un ultimo no, per dire un sì: no, non fate campagna contro questi due soggetti. Non porta un voto, una campagna contro compagni tra compagni, ma qualche voto di sicuro lo toglie, a tutti. C’è chi correttamente come Roberto Speranza dice che il nemico sia la destra. Giustissimo, rilancio declinandola così: il nemico non è a sinistra.

Ecco, buona campagna a tutte e tutti.

La cosa che più m’attanaglia è il non aver avuto più tempo, in tutto e per tutto.

La cosa che più m’esalta è, come sempre, essere al servizio di qualcosa di più grande.

Persino di un partito. Facciamo più o meno grande come un Paese. Questo qua.

ora strada per strada, spiaggia per spiaggia!

vostro, David

p.s.

una parola per il mio segretario, Nicola Fratoianni: solidarietà. Non trovo politicamente giusto che nell’uninominale di Pisa, la sua città, non ci sia il suo nome; al riguardo è stato fin troppo signore a fronte di qualcuno che è stato fin troppo marmocchio, a strepitare pur di pretender qualcosa come fosse un suo giocattolo. mi si perdoni quest’asprezza, ma l’aspettativa di veder Nicola candidato lì era grande e sacrosanta, una vita di sua militanza partita da lì lo avrebbe meritato, un anno quest’ultimo dove più che mai s’è sobbarcato sulle sue sole spalle, in Parlamento, le battaglie nodali e vitali di tantissime e tantissimi all’opposizione nel Paese, lo avrebbe meritato. Politicamente, e per la miseria anche umanamente, solidarietà.

p.p.s.

una parola per il mio segretario di un tempo, Giuseppe Civati, e per Beatrice Brignone, mia diretta competitor a segretaria nazionale quando mi confrontai con lei in un congresso inaspettatamente combattuto eravamo su due piattaforme politiche opposte: quella di Beatrice (e di Giuseppe) era basta Liberi e Uguali, mai più inseguire l’unità a sinistra, basta Sinistra Italiana, si va da soli… …oggi li accolgo nella lista di Sinistra Italiana, sotto il segno dell’unità. Se lo avessimo saputo prima magari mi avrebbero votato! Battute a parte, ci tengo a chiarire: il mio non è un togliermi un sassolone dalla scarpa, non me ne frega niente e son semplicemente felice, se la comunità di Possibile, fatta di persone cui voglio ancora bene, apporti il proprio piccolo ma prezioso contributo alla lista. Non è per me una piccola rivincita personale, è una più grande vittoria comune, e per me è quel che conta di più, molto più di me.

p.p.s.s.

l’avete notato? ho menzionato tutti e 3 gli allora segretari che diedero vita a Liberi e Uguali. Oggi con la chiusura delle liste si chiude in via definitiva la storia della sigla LEU. La beffa è che tutti e tre e tante e tanti di noi ci ritroviamo comunque nella stessa coalizione. Non era inevitabile allora, come mi spesi tanto a sostenere, dividersi. Ma tant’è, non serve a niente aver avuto ragione e ancor meno il recriminare al riguardo. Non (m’)importa. Al lavoro, alla lotta. Senza sassolino, col sorriso.

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